Indeed – il player più importante al mondo per la ricerca del lavoro – ha lanciato un sondaggio “Le donne che rientrano nel lavoro post-Covid-19” e i risultati mettono in evidenza che l’anello debole del mercato del lavoro sono ancora loro, le donne.
Quasi la metà di tutte le donne afferma che la pandemia ha avuto un impatto negativo sul loro percorso professionale. Il 58% è in procinto di rientrare nel mondo del lavoro, il 48% aveva lasciato il lavoro prima del Covid-19, il 32% aveva lasciato durante il Covid-19 e il 20% tra un periodo e l’altro.
I settori di punta in cui le donne stanno tornando sono Automobile (71% rientrante), Manifatturiero (70% rientrante) Costruzioni e Real Estate (68% rientrante).
Mentre, con grande sorpresa, il settore con la percentuale più bassa di donne che tornano al lavoro è il Retail (43%).
“In un mercato del lavoro sempre più ristretto, in futuro saranno proprio le aziende che svolgono un ruolo di guida per la valorizzazione femminile ad attrarre i nuovi talenti. Anche perché, con la diffusione dello smart working e del lavoro flessibile, i datori di lavoro dovrebbero cogliere l’opportunità per dimostrare di essere realmente impegnati non solo a creare un ambiente favorevole alle donne, ma anche a favorire un equilibrio sostenibile tra lavoro e vita privata”, dice Marina Fantini Senior Marketing Manager di Indeed.
Le responsabilità familiari hanno favorito le dimissioni
Negli ultimi due anni, il 58% delle donne intervistate dicono di avere lasciato il lavoro a causa delle responsabilità familiari.
I settori in cui questa motivazione ha inciso maggiormente sono l’e-commerce (77%) l’edilizia e l’immobiliare (70%).
Una percentuale significativa dei datori di lavoro (27%) ha affermato che la mancanza di un riconoscimento appropriato da parte del management è stato un fattore significativo nel far dimettere le donne e il 20% ritiene che i problemi di salute e sicurezza, probabilmente esacerbati dalla pandemia, ne fossero la ragione primaria.
Le donne trovano difficile rientrare nel mondo del lavoro
Il 67% delle donne intervistate che intende rientrare nel mondo del lavoro afferma di trovare difficile farlo.
Il 41% delle donne ha indicato la resistenza/mancanza di sostegno da parte della famiglia come la principale difficoltà, seguita dal 39% citando l’importanza di manovre e strumenti a supporto della conciliazione.
Le donne continuano a dover combattere contro comportamenti non inclusivi sul lavoro. Il 19% afferma di dover affrontare atteggiamenti regressivi da parte dei datori di lavoro. Il 15% afferma di non essere presa in considerazione per gli avanzamenti di carriera e il 12% afferma che non vengono forniti lavori/responsabilità di rilievo.
Programmi di rientro: una necessità
Le donne che stanno tornando sul posto di lavoro si aspettano che le aziende svolgano un ruolo più attivo nel sostenere l’inclusione e la conciliazione. Il 42% vorrebbe che la propria azienda avesse programmi di upskilling e reskilling, il 30% vorrebbe programmi di rientro e il 26% vorrebbe opportunità per il lavoro flessibile e a distanza.
I datori di lavoro comprendono la situazione e stanno lavorando per abbattere gli ostacoli al reinserimento nel mondo del lavoro e facilitare la transizione.
Il 28% afferma di fornire strutture adeguate per il lavoro flessibile/a distanza e il 19% ha anche programmi di perfezionamento/riqualificazione per fornire alle donne le competenze necessarie.
È favorito il lavoro a distanza/ibrido
Le donne che rientrano nel posto di lavoro vorrebbero la flessibilità. Il 62% delle donne intervistate afferma di preferire il lavoro da casa, il 28% preferisce la modalità ibrida, mentre solo il 10% preferisce lavorare da un ufficio.
La maggior parte dei datori di lavoro (54%) sostiene la modalità di lavoro da casa, mentre il 21% preferisce il lavoro ibrido.
La parità di genere: un imperativo e un obbligo di legge
Il 53% delle donne intervistate desidera che le proprie organizzazioni dispongano di una gestione delle prestazioni trasparente e giusta e il 40% desidera che le proprie organizzazioni implementino policy eque. Il 31% vorrebbe la parità tra ruoli e funzioni. Il 20% vorrebbe anche un equo avanzamento di carriera e la parità salariale.
Codice per le Pari Opportunità
E’ stata approvata la proposta di legge di modifica del Codice delle pari opportunità, che introduce ulteriori disposizioni volte a favorire l’uguaglianza di genere nel mercato del lavoro (“Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo”).
Il nuovo Codice per le Pari Opportunità, obbliga le aziende da 50 dipendenti in su (adempimento volontario invece per quelle con un numero inferiore di dipendenti), rispetto ai 100 precedenti, di stilare il rapporto sulla condizione del personale maschile e femminile, analizzato sotto i punti di osservazione di occupazione e retribuzione.
I datori di lavoro sono sempre più consapevoli di queste aspettative e nelle imprese i progetti per sostenere questo cambiamento sono sempre di più, anche in considerazione della nuova legge, a cui si accompagna, inoltre, l’istituzione di una certificazione della parità di genere dal gennaio 2022, per riconoscere le aziende che si muovono nella direzione di una maggiore parità tra generi.
Il profilo sanzionatorio è rafforzato
La nuova legge interviene anche rafforzando il profilo sanzionatorio. In particolare, qualora l’inottemperanza all’obbligo di tramettere il rapporto si protragga oltre 12 mesi, è disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda.
All’Ispettorato nazionale del lavoro è dato il compito di verificare la veridicità dei rapporti, venendo sanzionate la mendacia o l’incompletezza del rapporto con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.
Ma è previsto anche un sistema premiale
Per le aziende in possesso della Certificazione di parità (demandato ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro del lavoro) viene introdotto un sistema premiale di parità per l’anno 2022, consistente in un incentivo sotto forma di esonero contributivo determinato in una misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, determinato con decreto del Ministro del lavoro entro il 31 gennaio del 2022.
Inoltre, alle aziende in possesso della Certificazione entro il 31 dicembre dell’anno precedente, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte delle autorità titolari di fondi europei, nazionali e regionali, delle proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Nei bandi di gara, le amministrazioni aggiudicatrici indicano i criteri premiali che intendono applicare nella valutazione delle offerte a favore delle aziende in possesso della Certificazione.
Ma come approcciare questa nuova disposizione e come assolvere gli obblighi di legge
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Questo articolo fa parte della newsletter di ETAss HRNext di aprile 2022