Da quando il Covid ha determinato la modalità delle relazioni l’unico modo in cui incontriamo le persone è con la mascherina. Mi è capitato di scoprire il viso di colleghi a distanza di mesi, altri sempre in “modalità mascherata”, e probabilmente non li riconoscerei se ci incontrassimo al ristorante. In questa situazione, tutto è puntato sugli occhi e sulla “lingua” che parlano.
In tutto l’immaginario pre-pandemico la figura della maschera era basata sul nascondere gli occhi, così come nelle feste cortigiane e nei balli dell’aristocrazia veneziana fino ai nostri tempi nelle tradizione di carnevale. Parlavano i sorrisi, la mimica facciale, il tono della voce.
Avere una conversazione con la mascherina è come parlare al telefono: la linea a volte è disturbata e non percepiamo bene i suoni, inoltre non vediamo i movimenti delle labbra.
La mascherina rende la comunicazione molto più difficoltosa, come direbbero i cognitivisti, a causa della mancanza degli elementi mimici, gestuali e fonetici.
Per comprendere meglio quello che può comportare sulla nostra capacità di comprendere ciò che gli altri ci stanno comunicando ci viene in aiuto l’ ”effetto di McGurk”, che prende il nome dal ricercatore che l’ha identificato, uno psicologo inglese che ha studiato come il cervello interpreta più segnali per definire ciò che noi crediamo di aver sentito “solo” grazie all’udito.
In breve, quando noi ascoltiamo un video, un relatore, un amico, il cervello riceve segnali uditivi che si accompagnano a segnali visivi che potrebbero tra loro risultare contraddittori (i movimenti del viso e delle labbra esprimono ga, il suono che esce dalla nostra bocca è ba, il nostro cervello ci propone da).
Ciò accade perché il cervello elabora e ci restituisce un risultato che tiene conto di entrambi gli elementi. Se il movimento labiale non corrisponde al suono, il risultato sarà che crederemo di aver sentito chiaramente una parola che però non corrisponde a quella effettivamente pronunciata.
Saranno quindi da utilizzare e considerare in modo maggiormente attento il registro e il tono della voce, così come la cadenza e il ritmo, il linguaggio del corpo e la gestualità, la scelta delle parole e la durata e l’intensità del contatto visivo.
L’importanza degli occhi diviene sempre più rilevante
Un sorriso di circostanza si riesce a fare, ma spesso i nostri occhi dicono agli altri quello che pensiamo davvero, anche se la nostra volontà è dissimulare e mascherare.
Quante volte vi siete sentiti dire: “Tanto si vede quello che pensi!”
Gli occhi magari non sono sempre lo specchio dell’anima, al contrario di quanto afferma la celebre frase di Cecelia Ahern, ma certamente non mentono nel senso che riflettono in maniera immediata le nostre emozioni, le nostre paure, le nostre sfumature emotive più profonde.
Se tutto questo è vero nelle relazioni sociali, di ogni genere e tipo, incide in modo analogo anche in contesti professionali e soprattutto nella gestione dei colloqui di selezione, che si tengono o online (con tutte le problematiche di altro genere che ben conosciamo) oppure, sempre più spesso per fortuna in presenza.
Guardami negli occhi
Quanti modi di dire riflettono l’importanza degli occhi nella comunicazione: Guardami negli occhi; Uno sguardo vale più di mille parole; A occhi chiusi; Come un pugno in un occhio; Dare nell’occhio; Guardare di buon occhio; Avere un occhio di riguardo; Aprire gli occhi; Avere gli occhi da pesce lesso e via di seguito.
Con gli occhi non solo guardiamo ma ancor più che con il linguaggio, comunichiamo e manifestiamo il nostro carattere.
Ecco allora che diventa significativa la direzione dello sguardo, l’intensità e i movimenti.
Agli occhi del selezionatore
Vediamo allora come cercare di interpretare in modo efficace i segnali che gli occhi ci inviano al fine di rendere l’esito del processo il più veritiero possibile. Riporto qui di seguito alcuni spunti – che ho ricavato da un interessante articolo su Riza.it – da utilizzare nella pratica del recruiting.
Sguardo fulminante o di approvazione
Basta uno sguardo per comunicare una minaccia, un disappunto, un incoraggiamento o un’approvazione.
Tenere gli occhi bassi o distogliere lo sguardo
Indica imbarazza, timore, senso di disagio, ricerca di uno spazio di confort o rifugio, un via di fuga. Importante è prestare attenzione se questo tipo di reazione ricorre od è solo incidentale o legata a uno specifico stimolo o situazione.
Fissare dritto negli occhi
Fissare dritto negli occhi chi ci sta di fronte senza distogliere lo sguardo può apparire come un atteggiamento di sfida, ma non sempre è così. Altre volte può essere una maschera dietro cui nascondere la propria timidezza.
Se tale atteggiamento si accompagna a un leggera inclinazione della testa può indicare particolare interesse e attenzione per l’interlocutore. In alcuni casi, tale atteggiamento si riconduce a una finalità di carattere seduttivo, quasi a voler ammaliare il proprio interlocutore.
Occhi sfuggenti
In caso di eccessiva tensione, staccare lo sguardo ha lo stesso valore di una proposta di rappacificazione e cessazione delle ostilità.
Ma non sempre è così. Avete presente le situazioni in cui il candidato sposta lo sguardo continuamente da una parte all’altra della stanza oppure fisso verso il soffitto? Spesso indica che si è in preda di una forte emozione che si cerca di dissimulare. Invece, evitare del tutto di rivolgere lo sguardo all’altro può essere un segno di profonda insicurezza e scarsa autostima.
Quando spalancano o si sbattono le palpebre
Se oltre a spalancare le palpebre (espressione di forte stupore, incredulità, disappunto) il movimento delle palpebre è continuo, indica la necessità di fare chiarezza, di vederci chiaro. E’ legato anche a un fatto meccanico: chiudendo o aprendo gli occhi di continuo di fatto si effettua una azione di pulizia detergendoli, rendendo così la visione più nitida.
Lo sguardo verso il vuoto
Una persona che tiene lo sguardo lontano, verso un punto indefinito al di fuori del perimetro di relazione, indica la volontà di prendere le distanze dalla situazione in cui si trova oppure di evitare di farsi coinvolgere o costringere dal discorso in cui è coinvolto, quasi ad evitare di prendere una posizione netta.
Gli occhi in continuo movimento
Chi muove gli occhi con rapidità conservando contemporaneamente lo sguardo vigile e attento è una persona agile e vivace. Potrebbe sembrarvi distratta ma molto spesso è solo molto veloce e capace di raccogliere e processare stimoli diversi contemporaneamente
Tutto ciò che il nostro viso può dire di noi
Aristotele fu il primo a parlare di fisiognomica (ϕυσιογνωμονία riconoscimento, interpretazione della natura”), ovvero la disciplina parascientifica che studiando la correlazione tra il carattere e l’aspetto fisico della persona, si proponeva di dedurre le caratteristiche psicologiche degli individui dal loro aspetto corporeo, in particolare dai lineamenti e dalle espressioni del viso . Questo tema ha appassionato anche Michelangelo e Leonardo da Vinci nel Rinascimento (senza parlare poi del Lombroso e delle sue teorie legate principalmente allo studio della struttura cranica).
Anche nella cultura cinese segni e rughe sono interpretati come un riflesso dei nostri pensieri e della nostra personalità, e rivelano qualcosa di noi. «Diventiamo ciò che abbiamo in mente costantemente. L’emozione è la risposta fisica a un pensiero e si manifesta al mondo esterno attraverso le espressioni, che alla lunga generano solchi sull’epidermide», afferma Raffaella Casilli, docente Scuola di Medicina Estetica del Fatebenefratelli di Roma.
Ma noi ci fermiamo qui e lasciamo il resto degli approfondimenti o teorie agli esperti della materia.
Laura Colombo
Editor Forbes HR Council