Lo stravolgimento dei paradigmi relativi ai luoghi di lavoro e alle nuove modalità ha impattato fortemente su moltissimi ambiti e processi, ed anche sulla formazione.
Ciò potrebbe rendere necessario ripensare la progettazione e il model design del Learning and Development.
Il panorama dell’apprendimento e dello sviluppo dei talenti sta subendo un cambiamento accelerato nell’ultimo anno, così come ad altri aspetti tipici del campo di azione degli HR.
In primis i luoghi di lavoro (i primi a dover cambiare a causa di forza maggiore), di conseguenza i processi organizzativi, a seguire KPI e, infine, i modelli relazionali e comunicativi.
Praticamente l’intera filiera di attività HR.
Si tratta di una vera e propria sfida che datori di lavoro e manager delle risorse umane devono affrontare urgentemente, cercando di colmare i gap e i divari di competenze che si sono amplificati durante gli anni 2020, 2021 e 2022. Così come i cambiamenti nello spazio di apprendimento sempre più posizionato online e con delle derive nelle realtà virtuali sempre più evidenti (basti pensare al metaverso e alle prospettive di sviluppo che in questo ultimo anno sono state annunciate dai più grandi player del settore ICT e digital).
Mentre alcune abitudini e prassi lavorative non sono particolarmente cambiate, altre sono state completamente stravolte.
#1: Il lavoro a distanza rende scambi e relazioni più complicate
Il lavoro in remoto ha ridotto la possibilità di creare scambi dinamici tra le Business Units delle organizzazioni e tra le persone. Diventa più difficile per i dipendenti condividere informazioni e modalità operative con i colleghi.
Analogamente, la formazione a distanza può rappresentare un ostacolo per i professional che operano in settori che richiedono una maggiore interazione sociale e personale, e necessitano di porre in atto situazioni fortemente empatiche e di condivisione, come nel settore dell’assistenza e delle vendite.
La formazione vissuta attraverso i media, anche sofisticati, per queste tipologie di utenti – ovvero i dipendenti delle aziende – e in generale per queste tematiche, viene fortemente penalizzata sia per l’apprendimento che per la condivisione.
Inoltre, è sempre più demandato ai dipendenti l’onere di adattarsi all’avanzare della digitalizzazione dei metodi di lavoro, anche mediante programmi di microlearning, autodeterminato da svilupparsi anche in spazi e tempi non lavorativi.
#2: Diversity e Social Sustanability hanno un impatto inedito sulle pipeline dei talenti
Le discussioni sui temi razziali, di genere, religiosi ed altri focus legati alla sfera personale, nell’ultimo anno hanno inciso sui piani di formazione a più livelli, così come sui processi di comunicazione, awareness e recruiting.
È vero che i leader hanno il compito di guidare i loro team sulla diversità e l’inclusione, ma prima ancora i team di acquisizione e sviluppo dei talenti – Talent Manager, Recruiter e HR – sono stati sfidati ad aiutare le organizzazioni a creare team diversificati e inclusivi nel modo più ampio possibile. Il pregiudizio – a volte inconscio e a volte palese – incide molto anche sui criteri di valutazione dei candidati.
Un esempio chiave è la creazione di diversi panel di recruiting che valutano il talento secondo logiche strettamente connesse alla figura professionale traguardo, ovvero molto da vicino e in linea con le esigenze di skill, attitudini e competenze di un determinato lavoro. In questo modo si potrebbero selezionare candidati che non solo sono più adatti, ma che mostrano anche una maggiore soddisfazione rispetto al loro ruolo/mansione, soprattutto in una prospettiva di lungo termine.
#3: I lavoratori più giovani, gli Junior Talent, si aspettano un’offerta per lo sviluppo di competenze a lungo termine, e a partire da subito
Si prevede che i lavoratori Millennial e della Generazione Z diventeranno la quota maggiore della forza lavoro per qualche tempo, portando le loro aspettative ai recruiter in relazione a come si aspettano che i datori di lavoro investano nello sviluppo e, soprattutto, nella loro crescita. Non si parla più di qui e ora ma, per decidere di entrare a far parte dell’organico di un’impresa la sfida si gioca sugli investimenti in competenze trasferibili.
Passiamo ora al contesto dell’istruzione superiore, IFTS e ITS ad esempi per citare qualcosa di estrema attualità, gli studenti scelgono di perseguire campi di carriera e corsi incentrati su abilità pratiche applicate. Basta teoria, vogliono pratica e capacità di “realizzare”.
Ciò potrebbe riflettersi nel modo in cui alcuni dipendenti più giovani pensano allo sviluppo delle competenze – basta pensare all’apprendistato in alta formazione.
Ma i datori di lavoro e gli HR sono già pronti per queste sfide?