I processi di gestione delle risorse umane sono percorsi da grandi cambiamenti che riguardano sia l’approccio alle persone che la digitalizzazione.
La Digital Transformation ha ribaltato la logica del recruitment e della gestione HR, ma oggi sono le persone ad essere la chiave per cogliere tutte le opportunità che il mercato ci può offrire.
La sfida per competere dunque si sposta dalle strategie di marketing e di reperimento capitali, alle Persone, che vanno intercettate, individuate, attratte, ingaggiate, trattenute, formate e infine continuamente sostenute e valorizzate, quali soggetti di massima considerazione all’interno di un sistema organizzativo meritocratico e premiante.
I segni di fermento in atto si colgono da tutte le parti e in tutti i settori e lo strumento per superare gli ostacoli derivanti dalla trasformazione in atto è ripensare la People Strategy, o cominciare a farlo.
Quando penso alle mie relazioni professionali, ovvero a tutte le persone con cui lavoro a vario titolo, dai dipendenti ai fornitori, mi considero davvero fortunata.
La formula per avere successo è – sopra ogni cosa – lavorare con le persone “giuste”, ovvero quelle con l’atteggiamento e l’approccio adatto a sostenere e a determinare il cambiamento e l’innovazione .
E le “mie” persone sono così.
Ci si cerca, ci si incontra e ci si sceglie.
E’ una questione di cultura e valori condivisi, e di rispetto reciproco.
Ne stavo parlando pochi giorni fa con un giovane da poco entrato nello staff di ETAss e di come il processo di selezione avesse fatto convergenza su di lui per gli elementi soft.
Abbiamo deciso di investire su una risorsa che avremmo dovuto formare ma in possesso di un grande potenziale e soprattutto con l’attitude in linea con ETAss.
Le skill che una persona non ha si possono trasferire con la formazione, quello che è difficilmente trasferibile è la personalità e il sentiment.
E’ una vera scommessa, dove però il “rischio” di vincere è molto alto.
E sarà sempre di più così a causa dei fenomeni della great resignation e della crescita dei NEET a cui stiamo assistendo ormai da anni.
Le principali leve per lo sviluppo che nel 2022 si sono messe in luce – e che si stanno facendo ulteriore spazio nella classifica dei focus strategici – sono il recruiting (processi e strumenti), la formazione (corsi e coaching), la nuova diversity, sempre più age centered.
Ma come è possibile mettere le persone al centro di una strategia di business?
C’è una grande interrogativo concreto a cui dobbiamo rispondere.
Come si può impostare una strategia che metta le persone al centro – ovvero una vera People Strategy – e come avviene questo processo?
Analizziamo ora i 3 tra i pillar principali su cui fondare il processo di sviluppo di una People Strategy e lo facciamo con Lucilla Mazzucchelli – psicologa ed esperta di formazione – che collabora con ETAss in progetti di empowerment, change management, mindfulness e consulenza per lo sviluppo di processi HR.
Conosco Lucilla Mazzucchelli da tanti anni ormai: abbiamo fatto diversi progetti insieme ed è una persona davvero speciale, una di quelle di cui sono fiera di avere vicino. Una di “noi”.
La dottoressa Mazzucchelli, Lucilla per me visto che anche diventata una cara mica nel corso del tempo, in questi 10 anni ha avuto un’escalation professionale davvero importante, portando in ETAss contributi sempre più significativi per le aziende con cui lavoriamo.
Insieme abbiamo sviluppato molti interventi in azienda esattamente con questo approccio: la persona al centro, per il benessere e per il miglioramento delle performance.
Sono perciò felice di poter condividere con voi i suoi contributi che esprimono un sapere, ma anche un essere.
Leggendo quello che segue potrete comprendere quello che è l’approccio di ETAss: crediamo in uno scambio che è fatto di informazione e di servizi che aiutano le imprese e le persone a crescere, insieme.
Buona lettura.
D – Sono molte le esperienze che abbiamo fatto insieme in questi anni. E’ molto cambiato il concetto di persona così come il modo di interpretare il ruolo di formatore – sempre più consulente, sempre più facilitatore – in un processo di crescita e sviluppo. Cosa significa per te – come psicologa e consulente HR – mettere la persona al centro?
R – Grazie Laura per l’invito a parlare con te di questo tema che più volte abbiamo affrontato insieme nelle aule e in azienda. Cercherò di portare il mio contributo sia come Psicologa che come esperto HR, così da offrire una visione sistemica e globale del perchè i nostri interventi hanno una certa “cifra” e che impatto hanno nei contesti dove operiamo.
Per professione, direi quasi per vocazione, quotidianamente mi confronto con l’esigenza e il desiderio di mettere la persona al centro.
Sia nel mio studio di psicoterapia sia nelle organizzazioni con le quali collaboro, con ogni persona ho incontri che definisco “clinici”.
Mettere la persona al centro significa adottare un approccio, un metodo clinico.
Il termine “clinico” deriva dalla parola greca Klinikos, ovvero “chinato sul letto del paziente”.
Adottare un approccio clinico significa quindi avere una direzione precisa verso il paziente e, nel caso dell’azienda, verso l’organizzazione, intesa come vero e proprio ecosistema, un organismo composto da persone che hanno caratteristiche diverse, esperienze, desideri, risorse e fatiche, modi di funzionare e di entrare in relazione peculiari e unici.
Mettere la persona al centro significa dirigere la propria attenzione verso di lei, con curiosità e apertura, disponibilità a mettersi in gioco, a farsi ingaggiare in una relazione nuova e fino a quel momento sconosciuta.
Questo movimento verso l’altro, questa intenzione curiosa, richiede sicuramente energia, tempo, competenza ed empatia. Coinvolgimento emotivo.
D. Uno dei temi più attuali oggi è concepire l’azienda come un’entità sociale, oltre che economica, che funziona al suo meglio quando l’obiettivo è comune – perché condiviso – anche se i compiti e le responsabilità sono diverse. Siamo molto oltre il concetto di “convincere” i dipendenti, siamo in un’epoca in cui le aziende di successo sono quelle in cui intenti e tensioni costituiscono un patrimonio comune da sviluppare insieme e in cui aziende e persone crescono insieme. A tuo avviso, su cosa si deve basare una People Strategy che favorisca l’engagement e la crescita dei propri collaboratori?
Spesso, utilizzando una metafora medica, i pazienti giungono nello studio del professionista già con una richiesta specifica: “ho male alla cervicale mi servirebbe un antidolorifico e probabilmente alcune sedute da un bravo osteopata”.
Lo specialista competente solitamente, dopo aver ascoltato il paziente, si ferma, rallenta e inizia con curiosità ad indagare come sta la persona seduta di fronte a lui, il suo stato di salute generale e il dolore che l’ha portata a chiedere aiuto.
Individuare la cura migliore per un sintomo richiede una fase iniziale di diagnosi: indagare il problema favorisce l’individuazione dell’intervento più adeguato a gestirlo.
Proseguendo sempre nella metafora medica: la febbre è un sintomo che può essere causato da un’infiammazione, un’infezione, un virus, il Covid, … e tante altre condizioni.
Se assumo immediatamente un antipiretico la febbre può passare ma ciò non significa che la condizione che l’ha innescata sia risolta.
Come consulente mi è capitato di essere stata contattata con una richiesta specifica: “voglio questa formazione perché ho questo problema”. Può capitare quindi che la richiesta dell’azienda sia legata al trattamento piuttosto che all’indagine di ciò che non funziona.
Rallentare e guidare il cliente, con gentile fermezza, a portare l’attenzione a come sta la sua organizzazione in quel momento permette di effettuare una diagnosi che favorisce la progettazione, pianificazione e implementazione di un intervento che sia effettivamente rispondente ai bisogni dell’azienda e delle persone che la compongono.
Al contrario, assecondare rapidamente le richieste del cliente senza aver effettuato una approfondita indagine iniziale può portare a realizzare azioni che non portano al beneficio sperato, né ad un ritorno effettivo dell’investimento economico ed “energetico” effettuato dall’organizzazione e dalle persone stesse.
D . Mettere in atto piani di change management e di sviluppo People Centered comporta attenzione a dei focus precisi e un mind set particolare. Cosa significa nella pratica?
Mettere la persona al centro e dare senso alla richiesta dei clienti significa innanzitutto mettere da parte le affermazioni e dare spazio alle domande che permettono un’esplorazione curiosa.
Entrare in un’azienda è entrare in casa di altri, lo facciamo con rispetto e cautela, l’attenzione è volta a conoscere l’ambiente, le abitudini, a cogliere i comportamenti, le regole tacite ed esplicite che vigono in quella casa.
Il fisico Carlo Rovelli, in un articolo del Corriere della Sera, afferma: “Bisogna imparare a disimparare”.
Il primo passo è accantonare ciò che pensiamo di sapere e, mi ripeto, con sana curiosità ascoltare e chiedere.
In secondo luogo, occorre avere ben in mente un mantra conosciuto sicuramente da chi pratica la meditazione: “I pensieri non sono fatti”.
Secondo punto di attenzione: osservare con sguardo attento ciò che accade nelle aziende, i comportamenti delle persone, non solo ciò che non funziona ma anche gli elementi di ricchezza, le risorse. Osservare non solo la “malattia” ma anche la “salute”.
Le opinioni, i giudizi, spesso ci danno una visione parziale. Nostra responsabilità è andare oltre, indagare altre prospettive, guardare da altri punti di vista.
Per fare ciò occorre non avere fretta. Immagino gli sguardi nel momento stesso in cui scrivo queste parole: “per quando occorre il progetto? Risposta: ASAP”.
Dare importanza al tempo: le relazioni richiedono tempo, la fiducia richiede tempo, il cambiamento richiede tempo, l’apprendimento richiede tempo, l’esperienza richiede tempo.
Recuperare il valore della “lentezza” come occasione preziosa per affinare i nostri interventi, renderli effettivamente utili e rispondenti al bisogno dei nostri interlocutori.
Fare domande, osservare i fatti e lo stato di salute delle organizzazioni, assumersi la responsabilità di gestire i tempi, accogliendo il senso di urgenza e dandogli un significato, sono alcuni degli aspetti che ci permettono di lavorare sulla salute delle organizzazioni e delle persone.
Quello che dalla nostra esperienza e soprattutto dal nostro sguardo al futuro che sempre più la formazione andrà a braccetto con la consulenza HR.
Da parte del mondo HR, è in forte aumento la richiesta di servizi di consulenza HR per:
- trovare nuove formule per incontrare e selezionare nuovi candidati
- gestire la comunicazione a supporto della Talent Acquisition e Retention oltre che le nuove forme della Diversity
- sviluppare Corporate Academy (non solo all’interno dell’azienda ma sempre più spesso in forma fluida in collaborazione con le reti degli stakeholder del territorio)
Sono forme di supporto alle persone e alle imprese in cui noi crediamo, molto e da molto tempo: se volete ne possiamo parlare insieme.
Laura Colombo
AD ETAss | Career and Digital Coach ICF and mBIT Certified | past Forbes HR Council Editor | LinkedIn Partner | HR Communication, Employer Branding, Talent Acquisition Advisor
🟢 Per conoscere l’approccio e i servizi di consulenza HR di ETAss clicca qui
🔴 Per parlare con noi dei tuoi prossimi progetti per la People Strategy scrivi a barbara.guidi@etass.it
✍️ Hai apprezzato quanto hai letto? Iscriviti al magazine “Imprese e Persone” e riceverai ogni lunedì le nostre news dedicate al mondo HR
🟠 Segui ETAss su LinkedIn se vuoi rimanere aggiornato sulle nostre iniziative e sui finanziamenti per lo sviluppo HR
🔵 Per consultare il catalogo formativo di ETAss dove sono presenti molte proposte per sostenere lo sviluppo e l’innovazione clicca qui