Nonostante il peggioramento delle aspettative delle imprese e l’aumento del prezzo dei beni energetici, causati dalla guerra in Ucraina, l’occupazione continua a crescere.
Nei primi quattro mesi sono stati creati circa 260 mila posti di lavoro: rispetto al periodo di esplosione della crisi pandemica (primo e secondo trimestre 2020) si è registrato un aumento di oltre un milione di posizioni lavorative (Fonte: Il mercato del lavoro: dati e analisi (maggio 2022), Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Banca d’Italia e Anpal).
Tra i settori spicca il turismo, che ha beneficiato dalla rimozione di molte restrizioni, mentre rallentano industria e costruzioni
Significativo che gran parte dei nuovi posti di lavoro sia a tempo indeterminato, anche grazie all’ampio numero di persone assunte a tempo determinato nel 2021 che sono state stabilizzate quest’anno.
La propensione delle imprese a trasformare i rapporti di lavoro temporanei è infatti tornata sui livelli pre Covid.
L’occupazione delle donne cresce a un ritmo superiore a quella degli uomini
Lato mondo, interessanti i dati derivati da Microsoft Work Index, studio condotto su 31.000 persone in 31 Paesi.
Le evidenze dimostrano che alcune cose sono cambiate rispetto allo scorso anno e soprattutto che ogni organizzazione ha un suo modo di intendere il lavoro ibrido e da remoto, e che il Covid ha cambiato il nostro rapporto con l’occupazione.
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Priorità salute e benessere
Rispetto a prima della pandemia, il 53% dei dipendenti è più propenso a dare priorità alla salute e al benessere che non al lavoro; il 47% degli intervistati dice di essere più incline porre famiglia e la vita personale prioritari rispetto al lavoro.
Le differenze tra uomini e donne permangono.
Durante il lockdown, una percentuale sorprendente di americani ha perso il lavoro, per la maggior parte donne. Tanto che questa recessione è stata definita shecession: una sorta di dimissione obbligata così la loro carriera si è interrotta, per qualche tempo o per sempre.
Parliamo di stereotipi e luoghi comuni che tutti abbiamo sentito – o detto – almeno una volta: ci dicono che una volta avuto un figlio le nostre priorità cambieranno, ci fanno sentire in colpa se lasciamo il lavoro presto per tornare a casa a preparare la cena, mentre desta ammirazione un uomo che dall’ufficio scappa in palestra.
Il ruolo delle donne quali persone capaci di occuparsi degli altri viene spesso minimizzato o indicato come un limite per la nostra carriera.
Ma poi viene chiesto alle donne di fare esattamente quello di cui sono “accusate” sul posto di lavoro, ovvero occuparsi degli altri: che si tratti di ordinare il catering per un meeting, portare il caffè a un ospite, organizzare una festa in ufficio, scegliere un regalo, accompagnare un ospite in sala riunioni.
Le aziende virtuose
Ci sono anche situazioni virtuose: lo dimostra ad esempio l’ultimo report di Apple su diversità e inclusione.
Alla fine del 2021 e con una forza lavoro di oltre 165 mila persone, Cupertino ha il più alto numero di donne mai registrato tra i suoi dipendenti in tutto il mondo: con un aumento dell’89% dal 2014, le donne sono ora il 34,8% della forza lavoro, con il 24,4% di ruoli tecnici e il 31,4% di posizioni di leadership.
L’empatia ha sesso
C’è un elemento che unisce e divide al tempo stesso gli uomini dalle donne: l’empatia. Quindi a proposito di empatia mi ispiro in parte al testo di Jhon Gray “How to get what you want in the workplace” per identificare le differenze esistenti fra uomini e donne.
Certo è che i luoghi di lavoro sono composti da entrambi i sessi e che l’empatia ha una valore sempre più alto nelle organizzazioni.
L’empatia sul lavoro è strategica: dal greco «en-pathos», significa «sentire dentro», consente di ascoltare attivamente l’interlocutore con il vantaggio di comprendere il suo punto di vista e farlo sentire libero di esprimersi, per arrivare insieme a una soluzione condivisa e sincera.
Il valore dell’empatia nelle organizzazioni
Un recente studio effettuato da Catalyst fa emergere quanto l’empatia stimoli innovazione e coinvolgimento.
I dipendenti con leader e manager senior altamente empatici hanno dichiarato di sentirsi molto più creativi e coinvolti rispetto a quelli con manager e leader meno empatici: rispettivamente in percentuale del 61% e 13%.
L’86% degli intervistati con un leader empatico ha dichiarato di riuscire a conciliare con successo le necessità personali e lavorative.
Cosa serve per diventare un leader empatico? Aumentare la capacità di ascolto, calibrare la comunicazione, creare situazioni di collaborazione.
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Fonti:
https://www.repubblica.it/tecnologia/blog/tecno-logica/2022/05/06/news/lempatia_fara_la_differenza-347921718/
https://www.anpal.gov.it/-/lavoro-prosegue-il-trend-positivo-creati-260-mila-posti-nei-primi-quattro-mesi-dell-anno
https://www.catalyst.org/reports/empathy-work-strategy-crisis